sabato 7 aprile 2018

#SCUD2018

Terza edizione della settimana delle culture digitali “Antonio Ruberti”.

Dal 09/04/2018 al 14/04/2018, In tutta Italia

Avviata la ricognizione delle iniziative che animeranno la III° Edizione della #SettimanaCultureDigitali #AntonioRuberti (9-15 aprile 2018) #SCUD2018 https://www.diculther.it/scud2018/, di cui all’indirizzo è possibile inserire gli eventi proposti https://www.diculther.it/blog/2018/03/02/eventi-organizzati-per-la-iii-edizione-della-settimana-delle-culture-digitali/

La #SCUD2018 consiste in una settimana di eventi dedicati al valore delle culture digitali in tutte le loro forme, organizzati dalle istituzioni afferenti alla Digital Cultural Heritage, Arts & Humanities School e da qualunque altra organizzazione aderisca al manifesto dell’iniziativa.
Sono previsti convegni, seminari, iniziative di orientamento, laboratori aperti, performance e ogni altra manifestazione o forma di comunicazione suggerita dalla creatività dei proponenti, purché efficace in funzione dell’obiettivo di divulgare una seria cultura digitale di base nell’ambito del DCH.


Saranno particolarmente gradite le iniziative che concorreranno al raggiungimento dell’obiettivo #DiCultHer #2018: da “STEM” a “Digital SHTEAM” per rimuovere le barriere disciplinari e di genere nell’ecosistema delle Digital Science, Humanities, Technology, Engineering, Arts And Mathematics.


L’iniziativa è inserita nell’ambito delle manifestazione italiane per il 2018, anno europeo del patrimonio culturale #Europeforculture #sharingheritage #Patrimonio2018.


Abbiamo dedicato le Settimane delle Culture digitali al Prof. Antonio Ruberti, indiscusso maestro del dialogo nei differenti campi delle Scienze. Nella sue funzione di Ministro dell’Università e della Ricerca, Antonio Ruberti sin dal 1991 promosse le Settimane della Cultura Scientifica. E’ stato questo il primo passo di un camino di diffusione della cultura scientifica che, proseguito poi in ambito europeo nella sua funzione di Commissario europeo per la scienza, la ricerca e lo sviluppo tecnologico e l’educazione, lo ha portato a varare accordi con istituzioni internazionali, programmi europei e, quale naturale punto di arrivo del percorso, lo ha spinto a raccordare le iniziative dei singoli Paesi con l’istituzione della Settimana Europea della cultura scientifica.

Dedicare la Settimana delle Culture Digitale ad Antonio Ruberti è stato quindi un atto naturale per DiCultHer e vuole assumere il significato di raccordo e di continuità tra il grato ricordo per una vita dedicata interamente alla Scienza e alla diffusione della cultura scientifica e l’attuale apertura verso il paradigma digitale che, sempre di più e più profondamente, influisce sul nostro modo di vivere e di pensare la cultura.

giovedì 26 gennaio 2017

Come creare una password imbattibile

Come creare una password imbattibile

di Ana Swanson - The Washington Post

E al tempo stesso facile da ricordare: il modo migliore è inventarsi una poesia in rima usando parole a caso

(tratto da http://www.ilpost.it/2015/10/28/come-creare-password-sicura-versi-poesia/ )


La prima cosa che capisci quando crei una buona password è di avere una memoria piuttosto tremenda. La seconda cosa che di solito impari è che non te la cavi un granché quando devi fare “cose a caso”. La vera casualità è difficile da prevedere, gli esseri umani invece non lo sono. Anche se non siete tra i milioni di persone che usano password del tipo “12345678” o “password”, potreste comunque essere tra quelli che fanno errori da dilettanti. Per esempio utilizzate un modo di dire come password, ma rimpiazzando le “i” con gli “1”, o la “a” con “@“ e così via. Oppure usate parole molto comuni, aggiungendo alla loro fine lettere e numeri. O ancora riutilizzate la stessa password per siti diversi, senza cambiarla a sufficienza. In breve: qualsiasi soluzione di base che permetta a un essere umano di ricordarsi effettivamente una password.
Va bene, direte ora, ma allora come si supera questa cosa? Qualsiasi password ragionevolmente sicura sarà anche impossibile da ricordare. E qualsiasi password che potrai ricordare sarà probabilmente terribile. È la legge delle password, no?
Come scrive Alexandra Petri del Washington Post: “La password sicura e perfetta da ricordare è come un unicorno: nessuno l’ha mai trovata, e alcuni dubitano addirittura che esista”. Ma due ricercatori della University of Southern California potrebbero avere trovato infine la soluzione perfetta. Marjan Ghazvininejad e Kevin Knight hanno pubblicato uno studio con una nuova soluzione per creare password che siano estremamente difficili da scoprire e al tempo stesso relativamente facili da ricordare: poesie create a caso.

L’ispirazione per la ricerca è derivata da una striscia – realizzata da Randall Munroe di Xkcd – in cui viene dimostrato come una password fatta da quattro parole a caso – come “corretto cavallo batteria graffetta” – sia molto più sicura e più facile da ricordare rispetto alla classica accozzaglia di lettere, numeri e simboli a caso raccomandata dalla maggior parte degli esperti in sicurezza informatica.
Anche se scegli una parola poco comune – come “menestrello” – e cambi alcune lettere con altri simboli, a un computer bastano comunque pochi secondi o nella peggiore delle ipotesi qualche ora per indovinare la password. Ma una combinazione di quattro parole totalmente a caso è difficile per un hacker e al tempo stesso è facile da ricordare: si possono creare piccole storie strambe su un cavallo che riconosce correttamente una batteria e una graffetta per fare in modo di non scordarsi più quei termini, a differenza di usare il nome della moglie di un amico o la data di un anniversario.
Il segreto sta nel fatto che quelle quattro parole sono create sulla base di un numero casuale molto grande, che viene poi spezzato in segmenti, ognuno dei quali corrisponde a una parola nel dizionario: in pratica è come se fosse una forma di crittografia. Per indovinare l’intero numero casuale, un computer dovrebbe testare miliardi e miliardi e miliardi di possibili combinazioni prima di trovare quella giusta, dice il ricercatore Kevin Knight.
Ghazvininejad e Knight non si sono però fermati al suggerimento di Munroe delle quattro parole: sono andati oltre e hanno elaborato un sistema basato su brevi poesie. Sono arrivati a questa conclusione dopo avere analizzato diversi altri metodi, come quello basato sulla creazione di frasi casuali. Usare brevi poesie con parole a caso che fanno rima è il modo migliore per ricordarsi una password.
Come spiegano gli stessi ricercatori, gli esseri umani hanno usato la poesia come metodo per ricordare le cose per migliaia di anni. Non è un caso che i lunghi poemi epici, come l’Odissea con i sui 12mila versi, o le Canterbury Tales con 17mila, fossero state composte in metrica. Molte persone al giorno d’oggi non sanno recitare a memoria le Canterbury Tales, ma hanno comunque alcuni motivetti scolpiti nei loro ricordi, come “trenta giorni ha novembre…”.
Ghazvininejad e Knight hanno realizzato le loro poesie dopo avere associato un codice a ogni parola contenuta in un dizionario di 327.868 parole. Poi hanno usato un software per creare un numero casuale molto lungo, per poi spezzarlo in segmenti e per tradurre quei pezzi in due versi brevi. Il programma che hanno utilizzato si assicura che i versi finiscano in rima, e che l’intera frase sia in tetrametri giambici, così:
Receiver Mathew Halloween
deliver cousin magazine
[Il ricevitore Mathe Halloween
consegna una rivista del cugino]
Queste password possono sembrare un poco strane, ma sono in effetti molto sicure: alle attuali velocità di calcolo, richiederebbero a un computer molti decenni prima di riuscire a identificarle. E sono molto più facili da ricordare rispetto a qualsiasi altro insieme di caratteri che potrebbero essere altrettanto sicuri.
Se ne leggete troppe, vi tireranno un po’ scemi, ma alcune sono divertenti.
The reigning Hagen journeyman
believers mini minivan
[L’operaio in carica Hagen
credenti nei mini minivan]
And teaches scripture bungalow
or celebrate or Idaho
[E insegna le scritture bungalow
o le officia o Idaho]
Altre sono strane ed evocative, suggeriscono storie pazze che attendono solo di diventare memorabili:
And British fiction engineer
Travolta captured bombardier
[E l’ingegnere britannico di fantasia
Travolta catturò un bombardiere]
The latest Union Rodeo
amounts of aiding dynamo
[L’ultimo Union Rodeo
ammonta a una dinamo di aiuto]
Ghazvininejad e Knight hanno realizzato un generatore automatico di queste piccole poesie online, lo potete provare qui. Ricordate però che si tratta di un sito dimostrativo: gli hacker potrebbero scaricare tutte le password generate e provarle per violare gli account, quindi non usatele così come sono. Se volete una poesia personalizzata, potete inserire qui il vostro indirizzo email e il sistema ve ne invierà una sicura, che sarà poi cancellata dal server da cui è stata mandata.
Sfortunatamente molti siti ancora oggi limitano il numero di caratteri che possono essere usate per una password, quindi molte di queste poesie sono probabilmente troppo lunghe. Ma forse un giorno potrete usarle: un numero crescente di siti sta valutando di abbandonare la politica del limite di caratteri, perché le password più brevi sono comunque molto meno sicure.
©2015 The Washington Post

sabato 9 aprile 2016

Perché gli informatici non fanno carriera?

Pubblicato da Walter Vannini 5 anni or sono
da  | Feb 28, 2011 | 65 commenti

Se cominci a lavorare nel settore commerciale puoi partire come account o addetto marketing, diventare Area Manager e  in qualche anno essere Direttore Marketing o Vendite; con un pizzico di fortuna puoi finireAmministratore Delegato.
Se cominci nel settore amministrativo puoi cominciare come assistente, diventare Auditor interno e in qualche anno essere Direttore Amministrativo o Acquisti o del Personale; con un pizzico di fortuna puoi finire Amministratore Delegato.
Se cominci nel settore informatico, puoi cominciare come programmatore/sistemista junior, diventare programmatore/sistemista senior e in qualche anno dipenderai dal Personale, dall’Amministrazione, dal Marketing, dalle Vendite, dagli Acquisti o da tutti loro; non diventerai mai un dirigente, e con un pizzico di fortuna non tiesternalizzeranno.
Perché?
La spiegazione  più in voga fra gli informatici è che questo mondo di incompetenti non capisce il valore degli informatici.
La spiegazione più in voga fra i non-informatici è che gli informatici sono adolescenti compulsivo-ossessivi con un ego inflazionato e problemi relazionali e hanno esattamente quello che meritano. (ndr ma non è spesso così? Il problema spesso è proprio nella scarsa capacità di alcuni colleghi di collaborare con il proprio ufficio!)
Il risultato netto, comunque, è che tutti perdono: gli informatici non fanno carriera e le aziende sprecano capitali e potenziale umano enormi.
Diciamo una cosa antipatica: in azienda come sul mercato, le professionalità informatiche sono valutate il minimo indispensabile, esattamente come tutte le altre. La differenza è che per le altre professionalità è chiaro il valoreprodotto per l’azienda. E lo è perché si tratta di professionalità consolidate, socialmente ed aziendalmente assimilate. Non ci sono dubbi sul perché Amministrazione, Produzione, Marketing, Acquisti, Vendite, Personale siano ruoli chiave, sul perché l’azienda debba garantirgli le risorse: è grazie a loro che i soldi arrivano, vengono gestiti bene, spesi in modo oculato. L’azienda lo capisce, chi opera in quei ruoli pure e sa far valere le proprie ragioni.
E l’informatica? Dal punto di vista dell’azienda non è un ruolo chiave, è un costo e un rischio.
Ora, a chi toccherebbe promuovere l’importanza aziendale dell’informatica? Agli informatici, è ovvio. Ma gli informatici non lo fanno. Come dico sempre, tutte le funzioni lavorano per gli obiettivi dell’azienda, l’informatica lavora per i propri, e solo lei sa quali sono. (Chi è scettico può chiedere al proprio Amministratore Delegato quanto è disposto a pagare per far passare l’availability dal 99.741% al 99.982%; alla richiesta di parlare in italiano, potete dire “un’ora e mezza in meno al mese di guasti informatici “).
E quando si tratta di rendiconti? Allora tutte le funzioni si fanno in quattro per dimostrare che hanno saputo usare bene le proprie risorse per portare vantaggio all’azienda; l’informatica no: nel migliore dei casi l’informatica dimostra di avere impiegato le sue risorse (sempre inferiori alle richieste, fa notare) per “risolvere” problemi che nessuno capisce, e che comunque si ripresentano periodicamente.
E ci stupiamo che in azienda l’informatica venga vista come il fumo negli occhi?
Cominciamo riconoscendo alcune ovvietà dolorose:
  1. gli informatici sono inconsapevoli della loro importanza per l’azienda (non vedono al di là del lato “tecnico”)
  2. l’azienda è inconsapevole del perché gli informatici sono importanti (“sono un male necessario”)
  3. gli informatici non fanno nulla per valorizzare la propria posizione.
Il punto 3 è quello cruciale: gli informatici, che continuano a credere di essere in azienda per occuparsi di computer, continuano a vedere gli alberi senza vedere la foresta. Riuscite a immaginare un direttore Marketing che dica che il suo compito è “curare le campagne di marketing”? Un direttore amminsitrativo che dica “io sono qui per curare il bilancio”?
No, vero? Infatti nemmeno l’ultimo degli stagisti ometterebbe di mettere le sue attività pratiche nella prospettiva di un vantaggio per l’azienda (“garantisco che i membri del CdA abbiano informazioni puntuali, complete e aggiornate. Sì, cioè, faccio le fotocopie, ma quello è un dettaglio tecnico.”).
Solo gli informatici non vedono oltre la tastiera. E il resto dell’azienda li valuta di conseguenza: gli informatici sono dei tecnici, come i caldaisti, gli elettricisti, gli idraulici. Importanti, certo, ma privi di identità, intercambiabili, esternalizzabili. Non ti aiutano a fare meglio il tuo lavoro, (perché non sanno nemmeno quale sia, il tuo lavoro): si occupano che le macchine funzionino, così puoi lavorare in pace. L’azienda è una squadra, gli informatici sonopersonale di servizio.
E come reagiscono gli informatici? Avvalorando, con comportamenti e pensieri, questo stato di cose. È stupefacente vedere come la descrizione che un informatico fa della propria posizione aziendale sia pervasa da credenze irrazionali che costituiscono una zavorra insuperabile a qualsiasi evoluzione.

martedì 9 febbraio 2016

Göran Marby, un europeo per traghettare l'Icann fuori dagli Usa

http://www.corrierecomunicazioni.it/digital/39499_goran-marby-un-europeo-alla-guida-di-icann.htm

Svedese, prenderà il posto di Fadi Chehade che lascia a metà marzo. A lui il delicato compito di guidare il trasferimento di poteri dell'organismo a una community internazionale multistakeholder. Il sottosegretario Giacomelli: "Ottima notizia"


Sarà un europeo, Göran Marby, direttore generale dell'authority svedese per le Poste e Tlc il nuovo prossimo presidente e Ceo dell'Icann (Internet Corporation for Assigned Names e Numbers), l'organizzazione non profit Usa che si occupa dell’assegnazione degli identificatori unici di Internet (tra cui i nomi a dominio), e della sicurezza, stabilità e interoperabilità globale della Rete.
Marby prenderà il posto Fadi Chehade il cui mandato termina il 15 marzo. Assumerà l'incarico di ceo e presidente a maggio: fino al suo insediamento farà le funzioni di Ceo Akram Atallah, presidente della divisione Global Domains di Icann.
La nomina di un europeo apre al trasferimento dell'ICANN dal ministero statunitense del Commercio a un modello indipendente e internazionale: un progetto che nonostante i rinvii dovrebbe andare in porto nel 2017.
“La notizia di un europeo al vertice di Icann è un’ottima notizia - commenta il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli -. Complimenti e auguri di buon lavoro a Göran Marby che spero proseguirà nel solco tracciato dal suo predecessore, Fadi Chehadè, con cui la collaborazione è stata costante e proficua. Abbiamo sempre sostenuto che Icann avesse necessità di una nuova accountability e che l’Europa dovesse giocare un ruolo da protagonista nel processo di definizione della nuova governance di Internet: il dialogo con gli Stati Uniti su questi temi è fondamentale".
Oltre che dirigente dell'authority svedese Marby è stato amministratore delegato di aziende Ict e fondatore di startup. E' stato co-fondatore di AppGate Network Security, società di software di sicurezza, ad di Cygate, società di servizi di rete e Country Manager di Cisco in Svezia oltre che ceo di Unisource Business Networks in Svezia.
La nomina di Marby arriva ad un punto cruciale della storia di Icann: nel settembre 2017, con un anno di ritardo rispetto a quanto programmato, lo IANA (Internet Assigned Numbers Authority, l'istituto che regola l'assegnazione degli indirizzi del World Wide Web), passerà sotto il controllo di una community internazionale multistakeholder. Il passaggio dovrebbe essere stigmatizzato nel corso di una riunione all'inizio di marzo in Marocco.

martedì 20 maggio 2014

Informatica? Però interessante assai ...

BENI CULTURALI, LABORATORIO PER GLI APPALTI PILOTATI
di Antonio Forcellino, Il Manifesto, 20.05.2014


Secondo le ricostruzioni fatti dagli inquirenti di Milano, la manipolazione criminosa degli appalti dell’Expo avviene «in primo luogo con il confezionamento ad hoc di bandi di gara e capitolati».
Non è una novità per noi: in una serie di articoli apparsi sul manifesto, nel lontano 2010, si attirava l'attenzione su questo meccanismo negli appalti dei beni culturali dove «si può essere più discrezionali nella scelta e arrivare a indire bandi 'cuciti addosso' a imprese amiche». La denuncia passò inosservata perché solo l'intervento della magistratura sembra avere il potere in Italia di imporre correzioni alle cattive abitudini della politica e dell'amministrazione e questo è davvero un peccato perché quando si rubano soldi e si danno in cambio prestazioni scadenti o attrezzature inadeguate si può sempre immaginare di risarcire in futuro la frode, e il danno si limita all'erario. Ma quando si aggiudica un appalto sbagliato nei beni culturali si ruba un pezzo di futuro alla nazione, dal momento che l'arte è un bene non riproducibile. E nessuno potrà risarcire le generazioni future dei danni fatti con l'abrasione di un paramento lapideo romano o di quelli arrecati a un rivestimento in stucco tirato via da un bugnato rinascimentale. Gli appalti nei beni culturali sono ad alto rischio di manipolazione per l'alone «creativo» che circonda l'arte e in conseguenza è molto facile in questo settore rivendicare la discrezione e la insondabilità dei criteri adottati nei bandi per favorire una impresa «amica», il nostro patrimonio è stato, in questi anni, il laboratorio dove esercitare e mettere a punto i più arditi sistemi di evasione della legittimità dei bandi, estendendo la «particolarità» dei requisiti anche alle gare di progettazione o di rilievo per favorire potenti lobbies di professionisti. Eppure, chi conosce il restauro sa bene che le gare con «offerta economicamente più vantaggiosa» sono un insulto all'intelligenza dei funzionari onesti e delle imprese sane, dal momento che il restauro ha metodologie e materiali rigorosamente standardizzati e si definisce nel suo compiersi, dopo avere iniziato l'intervento sul manufatto. In un contesto rigidamente definito dalla tradizione e dalla teoria del restauro, chiedere delle «migliorie» in sede di gara è un controsenso. Per smontare questo meccanismo, prima che arrivi la magistratura, basterebbe slegare l'attribuzione dei punteggi sulle offerte tecniche dal punteggio economico. L'ambigua «offerta tecnica» deve servire solo a selezionare per la singola gara un numero, congruo di imprese all'interno del quale si determina il vincitore con il meccanismo automatico dell'offerta media. In questo modo, il Ministero per i beni culturali otterrebbe due risultati importanti per la tutela e la moralità; eliminare la piaga dei massimi ribassi e togliere alla stazione appaltante la possibilità di determinare il vincitore dell'appalto attribuendo punteggi esorbitanti al favorito in maniera da metterlo al sicuro dalla rimonta degli altri concorrenti. Togliendo alla stazione appaltante la possibilità di determinare con il punteggio discrezionale il vincitore, anche i bandi di gara diventerebbero immediatamente più idonei ad assicurare la selezione del miglior contraente, un principio che è alla base della buona amministrazione e che viene troppo spesso sacrificato agli appetiti di gruppi economici e funzionari poco scrupolosi. La questione è semplice e brutale: bisogna impedire alla stazione appaltante di determinare il vincitore con l'attribuzione discrezionale del punteggio e salvaguardare nello stesso tempo la possibilità di selezionare concorrenti tecnicamente idonei. Finché i soprintendenti avranno il potere di determinare con le commissioni di gara il vincitore attribuendo discrezionalmente un punteggio che determina la vittoria di un concorrente saremo tutti a rischio di corruzione, inclusi i soprintendenti e i funzionari direttori dei lavori che si trovano poi sul cantiere e dover gestire imprese non sempre idonee o non necessariamente le più idonee. Nello stesso tempo, se davvero la natura del bene è tale da necessitare selezioni specialissime, si alzi la soglia dell'affidamento diretto del quale, però, è il soprintendente che si prende la responsabilità motivandolo di fronte alla comunità con ragioni ben fondate. Una amministrazione che non è in grado di affidare tali responsabilità neppure in casi eccezionali ai propri soprintendenti come può dormire sonni tranquilli? Ci si chiede da tempo perché un correttivo così semplice non sia stato attuato. Il ministro Franceschini ha oggi una grande opportunità, dopo le finte riforme abortite dai suoi predecessori: può cambiare senza aggravio di spesa un meccanismo molto dannoso alla gestione del patrimonio sia perché utilizza male le poche risorse disponibili sia perché mortifica la professionalità di quelle imprese che sono parte integrante del patrimonio italiano. Un tale provvedimento consegnerebbe ai funzionari e ai soprintendenti, strumenti più idonei a gestire il delicato lavoro materiale sul nostro patrimonio, che infine dovrebbe essere l'obiettivo prioritario di una sana amministrazione.


(la foto, ovviamente, si riferisce ad un restauro "qualsiasi" ...) 

giovedì 28 febbraio 2013

Stanchi di passare la vita sui social? Dateci un taglio…suicidatevi!

Stanchi di passare la vita sui social? Dateci un taglio…suicidatevi!- di Chiara Laterza - 

  La vita sui social vi rende nervosi, stressati, apatici, privi di entusiasmo nell’affrontare le sfide di ogni giorno? Dateci un taglio…suicidatevi! Ovviamente, resta ben inteso…solo sul web.

 21 febbraio 2013



La vita sui social vi rende nervosi, stressati, apatici, privi di entusiasmo nell’affrontare le sfide di ogni giorno? Dateci un taglio…suicidatevi! Ovviamente, resta ben inteso…solo sul web. Se ancora non ne siete a conoscenza, infatti, sappiate che esiste un sito internet, chiamato Suicide Machine che in meno di un’ora (52 minuti per l’esattezza) vi permette di cancellare ogni traccia di voi da social network come Facebook, Twitter, Linkedin, Google Plus e MySpace. 
(continua a leggere cliccando sul link in alto)

giovedì 21 febbraio 2013

Si o no?

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