mercoledì 21 dicembre 2011

“La vera scommessa è il New Deal digitale” di Riccardo LUNA

Ai ridicoli articoli "jobsiani" (Stay hungry, stay foolish but mainly PAY for my apps) di Riccardo Luna su Repubblica (giornale che ha scelto, per quanto concerne il web lo spettacolo rispetto alla competenza) sulla banda larga si oppone la realtà: l'italia è 22° in Europa per l'accesso al Web.
Basterà leggere il Rapporto ISTAT su Cittadini e nuove tecnologie. Oppure leggere quello analogo del Censis di alcuni mesi or sono.
Al buon Luna manca solo il maglione nero .... (e quella barca di soldi che rendevano Jobs il santone più ricco della storia)

“La vera scommessa è il New Deal digitale” di RICCARDO LUNA da La Repubblica del 17 dicembre 2011

Scommettere tutto su Internet, oggi, in Italia, non è più un fatto ideologico. È un fatto economico. Conviene a tutti. L´economia digitale è capace di creare nuova occupazione. Ed è una capacità dimostrata da decine di studi. L´effetto della diffusione della banda larga sulla crescita del prodotto interno lordo non è solo una formula matematica. C´è di più oggi, in Italia. Come Paese siamo davanti a un´occasione storica: l´azzeramento del cosiddetto divario digitale è ormai a un passo. E questo vuol dire tante cose, ma soprattutto una: poter fissare il conto alla rovescia per portare tutta la pubblica amministrazione in rete e soltanto in rete. E quindi abolire la carta nelle operazioni con lo Stato e gli enti locali. Cancellare per sempre le file. Superare opacità e inefficienze. È un sogno lontano, presente in documenti e atti ufficiali di tutti i governi di ogni colore da una quindicina di anni. Ora si può realizzare.
Manca infatti davvero poco dall´obiettivo minimo di garantire a ciascun cittadino un accesso decente alla rete. Non parliamo qui degli ambiziosi target fissati dall´Agenda digitale europea che prevede che tutti abbiano un accesso a Internet con una connessione minima di 30 megabit entro il 2015 (per dare un´idea: oggi in Italia siamo a 3 megabit in media. Manca un´eternità). Per arrivare fino a lassù non basta la banda larga in rame: serve una banda ultralarga, garantita solo dalla fibra ottica o dall´Internet mobile di nuova generazione (Lte). E servono investimenti dell´ordine delle decine di miliardi di euro per i quali si sta attrezzando una grande alleanza che vede assieme quasi tutte le compagnie telefoniche, la Cassa depositi e prestiti del ministero dell´Economia, più un grande fondo privato dedicato alle infrastrutture (F2y). Quell´alleanza ha la bandiera di Metroweb, si sta ancora consolidando e se tutto andrà bene vedremo i suoi benefici effetti, soprattutto sulle grandi città e i distretti industriali destinatari della banda ultralarga, nella seconda metà di questo decennio.
L´obiettivo che abbiamo davanti oggi è molto più semplice e molto più vicino. Dare a tutti un accesso alla rete a uno o due megabit: non sono tanti ma sufficienti per navigare, usare la mail e persino gestire un sito. Farlo vuol dire unire la nuova Italia nel segno di Internet: il Nord, che è già molto connesso (con Lombardia e Trentino a guidare la classifica), e il Sud che invece in certe aree arranca (soprattutto Molise e Basilicata). Le città alla campagna. I nativi digitali e i loro nonni. Passare insomma dal digital divide al digital united.
Perché è così importante? Perché soltanto quando tutti gli italiani, nessuno escluso, avranno la possibilità di collegarsi alla Rete, lo Stato potrà fare la scelta di diventare “solo digitale”. Il cosiddetto switch over (simile come concetto a quello avvenuto con il digitale terrestre della tv, ma molto più ambizioso) dovrà avvenire dopo una transizione, naturalmente, ma il giorno che questa sarà terminata, saremo davanti alla più grande rivoluzione sociale che il Paese ha vissuto dai tempi della unificazione. E i risparmi sarebbero enormi.
L´ultimo calcolo di una digitalizzazione di Sanità, Istruzione e Giustizia, firmato da Confindustria, risale a un paio di anni fa ed è quindi necessario aggiornare quei numeri: ma come ordine di grandezza parliamo di valori pari a una manovra come quella appena approvata dal governo. Di qualche giorno fa invece è uno studio di fattibilità dell´economista Francesco Sacco e del tecnologo Stefano Quintarelli per la cosiddetta digitalizzazione delle fatture: in questo caso si calcolano risparmi fino a due miliardi l´anno per lo Stato e fino a 60 miliardi per le imprese. Lo studio è già sul tavolo del governo.
E fin qui parliamo solo di risparmi, senza considerare l´impatto della banda sulla nuova occupazione, sulla crescita economica e, non meno importante, sulla crescita culturale del Paese che da fanalino di coda mondiale dell´economia digitale potrebbe condividere la leadership con i Paesi più avanzati.
Quanto costa fare questo passo? Pochissimo. Partiamo da quanta Italia è ancora “digital divisa”. Secondo le stime più attendibili, prodotte dall´Osservatorio banda larga, il 6 per cento della popolazione è al buio (a questi va aggiunto un 40 per cento che non ha richiesto un accesso alla Rete pur vivendo in una zona coperta, ma si tratta evidentemente di un problema culturale). L´obiettivo è quindi mettere in Rete tre milioni e mezzo di italiani che vivono soprattutto in zone rurali o isolate ma non solo. Farlo, sempre secondo l´Osservatorio banda larga, costa meno di 600 milioni di euro. Una somma alla nostra portata anche in tempi difficili come questo. Qualche giorno fa per far ripartire opere pubbliche e infrastrutture, il ministro Passera ha sbloccato 12,5 miliardi di fondi fermi al Comitato interministeriale programmazione economica (Cipe). La banda larga non c´era. Eppure al Cipe ai tempi del governo Berlusconi, si erano volatilizzati 800 milioni a essa destinati. E soprattutto, l´asta per le frequenze per Internet in mobilità (Lte) qualche mese fa ha generato un surplus di più di un miliardo di euro che si era stabilito che sarebbe stato reinvestito nel settore prima che il ministro Tremonti lo usasse per tappare i buchi.
Il governo ha quindi davanti una occasione imperdibile: come il New Deal di Franklin Delano Roosevelt poggiò la ripresa degli Stati Uniti sulla costruzione di strade e ponti, il New Deal di Mario Monti può scommettere sulle autostrade dell´informazione e sui ponti della conoscenza fra i cittadini italiani e il mondo. Il punto non è se ci possiamo permettere di farlo: è che probabilmente non ci possiamo permettere di non farlo.

mercoledì 13 luglio 2011

Rapporto Censis/Ucsi su "I media personali nell'era digitale"

Il rapporto è stato presentato questa mattina.
la presentazione è stata affidata Giuseppe De Rita - Presidente Censis

Ha presentato il Rapporto:
Giuseppe Roma - Direttore Generale Censis

Ne hanno discutosso:
Andrea Melodia - Presidente Ucsi
Cesare San Mauro - Presidente Advisory Committee 3 Italia
Maurizio Costa - Amministratore Delegato Mondadori
Paolo Garimberti - Presidente Rai

Del rapporto hanno parlato già stamane vari quotidiani (cito per tutti la Repubblica e hanno presentato cifre, analisi e considerazioni.
Ma su queste tornerò in altro momento.
Quello che mi ha colpito è la totale disinformazione sull'essenza stessa del web 2.0 che trasudava dalle parole degli intervenuti che non fosse un generico riferimento, da parte di Maurizio Costa, ad e-book e applicazioni varie per tablet, iQualcosa di tutti i tipi.
Dal rimpianto di Garimberti per il giornalismo ruvido, sul campo (ma perchè il web lo nega?) alle varie considerazioni su quantio desiderano il web libero e gratuito visto come antitesi allo sviluppo "di qualità" del web stesso.
Ritornava l'ombra del sopravvalutatissimo Fabio Metitieri autore de "Il grande inganno del Web 2.0" libro nel quale si invoca il ritorno del "vero giornalista" di fronte ai divi del web. Analisi superficiale, corporativa e comunque del tutto errata.

La sensazione è che nessuno del lotto dei partecipanti avesse conoscenza, se non letteraria e magari da "Facebook" del web 2.0. Facebook non è il male assoluto, non è solo tema per un film, non è una barzelletta ma soprattuto non esaurisce il web 2.0.
Qualcuno lo spieghi al consesso di esperti di carta stampata che discettava di web ....

Ritornerò sul tema.

domenica 6 febbraio 2011

Attacco hacker al sito del governo



Attacco hacker al sito del governo
La Polizia: "Nessun furto di dati"


Alle ore 23.00 ancora persiste l'indisponibilità del sito !!!

sabato 29 gennaio 2011

How big is InterNet ?

martedì 18 gennaio 2011

Scrivi alla redazione di Governo.it


Ho provato a scrivere alla Presidenza del Consiglio compilando il form presente nella pagina http://www.governo.it/scrivia/RedWeb_Form.htm.

Ho provato sia da Explorer sia da Firefox. Ho provato da due postazioni diverse. (reti diverse, quindi, IP diversi)
Risultato sempre identico.
Ma il form è vero (???) o solo uno specchietto per far "vedere" interesse mentre, in realtà, nulla funziona.

martedì 11 gennaio 2011

Il nostro futuro è digitale. Ma il nostro passato come conservarlo ?

Vedendo i due video, ciascuno di voi si sarà fatto un’idea e soprattutto avrà ritenuto di certo molto interessanti le tematiche trattate. Nella puntata di E Se Domani del 20 Novembre 2010, si discute ovviamente del problema relativo alla differenza tra la conservazione del digitale rispetto alla conservazione della carta. Nella discussione della trasmissione si nota come la digitalizzazione seppur più complessa rispetto alla forma cartacea dei dati, assolutamente è necessaria perché offre vantaggi maggiori rispetto alla conservazione analogica. Lo scopo dell’esperto di conservazione dei records, è proprio quello di assicurare nel tempo la corretta integrità dei dati digitali, attraverso degli standard riconosciuti a livello internazionale. Nella trasmissione ad esempio viene riportato il lavoro di digitalizzazione che sta implementando la biblioteca vaticana. Il Vice prefetto ci dice che la digitalizzazione di tutta la biblioteca vaticana è certamente necessaria, ma oltre alla presenza di esperti del settore (penso quindi ai Records Manager, ai Responsabile della conservazione e ovviamente agli archivisti) , tale digitalizzazione seguirà alla lettera lo standard della NASA degli anni 60, ovvero FITS, di cui parlerò nel mio prossimo articolo. Il paradosso che si evince da alcune considerazioni della puntata, è che la conservazione dei manoscritti, di cui si fa un esempio in trasmissione, è avvenuta in forma cartacea, perché ovviamente era l’unico metodo di conservazione dell’epoca . Se fosse stato su un CD come dice il presentatore Alex Zanardi, probabilmente noi oggi non avremmo potuto visionare e leggere alcuni manoscritti.

(continua su http://www.nicolasavino.com/)

 
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